Oggi si festeggia il 1° Maggio, Festa dei lavoratori e delle lavoratrici. Una ricorrenza la cui importanza è sempre più sminuita se non proprio dimenticata. Lavoro significa innanzitutto Dignità, per sè e per la propria famiglia: spesso il lavoro non c’è, ancora più spesso va difeso da soprusi e prevaricazioni.
Con una recente sentenza, a seguito di un giudizio incardinato da una lavoratrice che ho avuto l’onore di difendere, il Tribunale di Cosenza ha annullato un licenziamento poichè intimato per “causa di matrimonio” addirittura il giorno successivo alla domanda di fruizione del congedo parentale. E’ stato quindi affermato che “Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, la violazione del divieto integra un’ipotesi di nullità per contrarietà a norme imperative poste a tutela della donna, in osservanza del principio di cui all’art. 37 Cost. … la presunzione posta a favore della lavoratrice dalla norma impugnata corrisponde ai fini costituzionali di tutela del lavoro e della famiglia“. Una donna non più “angelo del focolare”, secondo vetusti stereotipi, ma una donna al centro della famiglia e della società.
E’ inutile negarlo, tra i “lavoratori” la prima categoria ad essere discriminata è proprio quella delle donne: “hai figli? Vuoi averne? Non è che poi chiederai i permessi? Vuoi sposarti? Sei capace o ti stanchi prima?” Ecco le classiche e più comuni domande che una donna si sente rivolgere sin dal primo colloquio poi, molto spesso, reiterate nel corso dell’intero rapporto di lavoro.
In questo caso la lavoratrice ha avuto il coraggio di difendere i propri diritti, ottenendo semplicemente ciò che era giusto, ovvero la reintegra (ebbene si, ancora esiste!) ed il conseguente risarcimento del danno.
Devo confessare che casi come quello appena esposto sono fonte di grande gratificazione professionale, rendendo concreta e tangibile la figura dell’avvocato quale “Difensore dei Diritti”, che invece la realtà quotidiana ci fa percepire quasi come utopia. Per fortuna non è così.